Continua il fenomeno di critica nei confronti delle applicazioni di Android legate al discorso privacy. Ancora oggi, gli Enti e le associazioni di categoria continuano a dichiarare che le applicazioni che viaggiano su Google Android non sono sicure sull’utilizzo dei dati personali. A dare man forte a queste voci di users è stato il team di scienziati dell’Università della Pennsylvania, l’Università Duke (North Carolina, USA) e gli Intel Labs.
I ricercatori hanno esaminato le applicazioni più popolari fino alla 30sima in classifica ed osservato l’utilizzo dei dati personali. Il risultato è stato che per oltre il 50% dei casi, i dati sono stati trasmessi ad un server remoto e comunicano sia numero di telefono che codice seriale del mobile device. Non essendo avvisato l’utente, potrebbe fare un uso spropositato del device, arrivando a creare una situazione di non sicurezza involontaria.
La documentazione di questo studio, diffusa già in PDF, ma che verrà presentata oggi all’USENIX Symposium on Operating Systems di Vanvouver in Canada scrive chiaramente: “Questo studio dimostra che Android non offre protezione sufficiente ai dati sensibili quando si parla di applicazioni terze. Se per esempio un utente autorizza un’applicazione a usare la propria posizione, poi non ha modo di sapere se quest’informazione viene usata per un servizio specifico, per la pubblicità o semplicemente inviata allo sviluppatore“.
In difesa di tutto, il portavoce di Google ha dichiarato che gli utenti dovrebbero installare solo le applicazioni di cui ci si può fidare, ma la stessa Google non diffonde comunque una lista di applicazioni “sicure”. Il problema sorgerebbe dal fatto che Android è un sistema operativo open source, e le possibilità di opening dei dati sono aperte a tutti. Il pallino dei ricercatori rimane nel dubbio che le società come Google, ma anche Apple, RIM, Microsoft, Nokia e tanti altri abbiano bisogno di questi dati per vendere spazi pubblicitari.