Nelle ultime settimane abbiamo assistito ad un vero e proprio scontro diplomatico tra Cina e Stati Uniti, dopo la denuncia da parte del motore di ricerca Google su alcuni attacchi sferrati contro caselle di posta elettronica di utenti sostenitori dei diritti civili e della libertà in Cina. Una situazione, questa, che ha coinvolto in brevissimo tempo il governo statunitense e che ha spinto il search engine a porre delle condizioni affinché il suo lavoro possa continuare nel paese asiatico. Ovviamente la crisi ha toccato anche la piattaforma open source Android, il sistema operativo patrocinato da Google e dalla Open Handset Alliance.
Nei giorni scorsi il motore di ricerca ha deciso di annullare l’uscita di due nuovi smartphones dotati del software, in attesa che la crisi potesse trovare una soluzione definitiva. Dopo giorni di alta tensione, però, la situazione sembrerebbe essersi ammorbidita, dopo le parole pronunciate da Zhu Hongren, portavoce del ministero dell’Industria e dell’Information technology cinese: secondo Hongren, infatti, il governo cinese non ha alcuna intenzione di ostacolarel’ingresso di Android sul mercato, confermando che la telefonia mobile non ha alcuno ostacolo.
In realtà, il politico ha spiegato meglio le sue dichiarazioni, affermando che né la piattaforma né qualsiasi altro prodotto non verrà ostacolato a condizione che sia rispettosa delle normative presenti nel paese. Peccato, però, che il problema sia proprio questo: sappiamo bene quanto la legislazione cinese sia ancora legata ad alcuni principi del tutto contrastanti con la libertà di movimento e di decisione da parte degli individui o delle aziende.
Ricordiamo ancora bene le censure attuate da Pechino contro alcune applicazioni presenti nell’App Store di Apple riguardo alcune applicazioni dedicate al Dalai Lama o ad altre minoranze del paese. Resta da vedere, quindi, se Google vorrà anche questa volta scendere ad un compromesso e preferire non rinunciare alla sua presenza nell’area oppure proseguirà la sua protesta.